martedì 1 aprile 1997

Fabio in Primavera

Non lo avrebbe mai creduto e invece è successo.
Lei si è avvicinata e gli ha detto:
     “Ho voglia di un gelato, ma non mi va di mangiare da sola, te ne offro uno”
Lì per lì non ha capito, poi, con l’aria più disinteressata possibile, ha detto:
     “Se per te è uguale offrimi una birra o una sigaretta, ultimamente non amo i gelati”
Lei, guardando altrove ha scandito:
     “Allora una birra, col gelato sta decisamente meglio”
E così eccolo qui mentre la  accompagna nel bar ancora incerto se ha capito il senso della sua ultima frase ma a questo punto deciso ad andare avanti se non altro per curiosità.
Ordina una chiara alla spina, poi si poggia con la schiena al bancone e da’ un’occhiata in giro per vedere chi c’è nel bar. Quando si gira verso di lei si accorge che lo sta fissando mentre mangia il proprio Cucciolone a morsi lenti. Senza staccargli gli occhi di dosso dice:
     “Comunque io sono Cristina.” E gli porge la mano con le dita dritte e il pollice in linea con l’indice, cosa che a lui ha sempre dato fastidio. E poi che vuol dire iniziare il  discorso con comunque?
     “Lo so,- risponde ignorando la mano - abito anch’io in questo paese, sei la sorella di Gianni.” Poi, dopo aver cercato un sostituto a  comunque e non averlo trovato, “Comunque, nel caso ce ne fosse bisogno, io sono Fabio, Fabio Coleridge.”
     “Non ce n’è bisogno. - Ribatte lei leccandosi le dita dal gelato allo zabaione dopo aver elegantemente gettato la carta nel cestino. - Piuttosto, com’è che quando non ti viene a trovare quel tuo amico da Roma non ti si vede in giro?”
     Fabio è tentato di rispondere qualcosa di terribilmente spaventoso e insieme terribilmente inventato, ma poi pensa che non sarebbe giusto abusare in questo modo di un’anima semplice che probabilmente non capirebbe nemmeno il gioco. E poi oggi gli va di parlare e in fondo la tipa non è niente male.
     Quindi, dirigendosi verso la staccionata davanti al bar e assicurandosi che lei lo stia seguendo dopo aver ordinato una Diet-Coke in lattina, le dice:
     “Il fatto è che sono abbastanza timido e poi da solo non sto male. Quindi spesso non mi va proprio di farmi avanti con gli altri, anche perché magari poi va a finire che ti sforzi di conoscere delle persone che alla  fine si rivelano delle teste di cazzo paurose e quindi chi te lo fa fare?” Poi, senza darle il tempo di rispondere qualche ovvietà alla sua domanda retorica, aggiunge “A proposito, sai che sei la prima persona che conosco che riesce a trasformare il bere con la cannuccia in qualcosa di altamente erotico?”
     Lei lo fissa ammutolita, come previsto, poi arrossisce un po’ e per la prima volta distoglie lo sguardo da lui. Fissa il panorama lontano alla propria destra e, ripreso il controllo del cromatismo delle guance, gli propone di fare un passeggiata.
     A Fabio, improvvisamente, viene in mente che se lo baciasse ora mischierebbe il sapore della birra che lui sta ancora sorseggiando a quello della coca e non del gelato. Poi, pensando che forse in finale non è poi così importante, accetta di passeggiare con lei dopo aver finito la birra e restituito il boccale.

     È un po’ che stanno passeggiando, lei ha smesso di fissarlo e sembra invece interessata a essere vista con lui, come se lo facesse per scommessa. O forse lui è più popolare di quanto credesse. Comunque Fabio, al quale non piace troppo essere al centro dell’attenzione, ha dirottata la passeggiata verso luoghi più isolati e ora stanno percorrendo un sentiero costeggiato da una parte da rovi e dall’altra da glicini.
     La conversazione, dopo un primo periodo di ovvietà dette da lei e risposte minime di pura cortesia  sillabate da lui, si è ora arenata e così i due camminano in silenzio, cosa che, per quanto riguarda Fabio, non è affatto un problema. Si gode il profumo dei glicini e il caldo di una primavera scoppiata tutta insieme dopo essersi fatta a lungo attendere.
     Arrivano a un bivio che da una parte conduce in paese e dall’altra si addentra nei boschi. Quando già Fabio si sta chiedendo se torneranno alla civiltà o meno, lei si ferma, lo fissa per quindici eterni secondi mentre è percorsa da brevi tremiti lungo tutto il corpo, e infine mischia la Diet-Coke con la birra.

     Fabio sinceramente resta un po’ sorpreso. Ovviamente sapeva che sarebbe successo. Quello che non si aspettava è l’intensità, quasi la foga, che lei ci mette. Non è che gli dispiaccia, anzi comincia a prenderci gusto, solo che lei lo sta baciando come se stesse bevendo da una borraccia nel deserto, come se non baciasse da cinque anni..
     Caso strano, le prime parole che lei dice quando, dopo cinque minuti si stacca, sono “Aspettavo questo bacio da cinque anni.”
     “Questo vuol dire che non baci da cinque anni?” A occhio e croce doveva averne più o meno quindici.
     “No, vuol dire che sono cinque anni che aspetto di baciare te, e col tempo ho iniziato ad aspettare anche altre cose.”
     Hei, la ragazza si fa audace, chissà se abbiamo tutti ben chiaro a cosa si stia realmente riferendo.
     “Con calma - fa Fabio, mentre, tenendola dalle spalle la fissa negli occhi - rispettiamo l’ordine temporale. Quanto tempo è passato dal desiderio del bacio al successivo?”
     “Non lo so. In ogni caso, qualunque sia stato non ho intenzione di aspettare tanto.”
     Non c’è che dire, le parole si fanno audaci sulla sua bocca. Lo sguardo, invece, è rimasto lo stesso di quindici secondi prima del bacio. E bisogna dire che questo provoca su di lui uno strano effetto. Sicuramente lo intriga, ma al tempo stesso lo trova quasi disarmante, come fosse un ragazza che vuole per forza portarsi a letto il proprio mito incontrato per strada e non sa nemmeno bene come fare.
     Alla fine decide di lasciarsi del tempo e, accarezzandole il viso, le chiede di raccontargli di cinque anni fa.
     “Tu venivi per le vacanze - attacca lei riprendendo a camminare e fissando la strada davanti a loro - e passavi le sere a parlare con mio fratello sotto casa. Io ogni tanto vi venivo ad ascoltare quando gli altri andavano in discoteca e mio padre non mi lasciava seguirli. Tu sicuramente non ti ricordi, non mi avrai nemmeno notata.”
     “Mi ricordo, invece. Passavi il tuo tempo giocando con un gattino grigio o annodando braccialetti  e già allora eri terribilmente carina.”
     Lei arrossisce per la seconda volta, e per la seconda volta Fabio l’ha fatto apposta, tanto da chiedersi che intenzioni abbia in realtà. Ma sarà il tempo a decidere.
     “A proposito, com’è che sei scappato da Roma e ti sei trasferito qui?”
     Ha cambiato discorso per non soccombere d’imbarazzo o per finta modestia? E poi, a proposito di che?
     “Non è che sia proprio scappato. Io amo Roma. È che io e Marco avevamo bisogno di prendere un po’ di ossigeno ogni tanto e visto che c’era casa mia libera.... io sto qui più spesso di lui, tutto qui.”
     “Marco è il tuo amico, vero? -Bada che cima!!!! - che tipo è? Come vi siete conosciuti?”
     E no!!!! Siamo scaduti nel banale più assoluto ! che tipo è il tuo amico... cos’è , vuoi farti pure lui? Vuoi fare ingelosire Fabbio? Non sapevi più cosa dire? E la cosa più allucinante è che lui le risponde pure!! Mi sa che il tempo ha già deciso. Ha deciso di dare a Fabbio Cristina e di prendergli in cambio il cervello. Tutto ciò è toppo pietoso, vi risparmio.
     E poi, tra l’altro non ho nessuna intenzione di farvi sapere come si conobbero i Male e il Bene (il Coleridge, scusate). Oltre al fatto che, per ora, io stesso nonnesonnulla.